Storia dei caschi

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La storia del casco

La prima nozione, o meglio "idea" di casco si ebbe come conseguenza di un incidente avvenuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
Le cronache parlano dell'incidente occorso al campione statunitense di ciclismo su pista Harry Elkes avvenuto il 30 Maggio 1903 su pista del velodromo di Boston. Il ciclista cadde e venne tragicamente travolto dal motociclista (stayer) che lo seguiva a ruota. La scena del capo schiacciato dalla ruota del motoclico davanti all'enorme numero di spettatori ne causarono un grande caso di forte impatto mediatico.

L'articolo del "New York Times" recitava:
HARRY ELKES KILLED IN BICYCLE RACE; Travelling at nearly a mile a minute when a tire burst. He is thrown under a heavy motor and soon dies from injuries
Fu in quella tragica occasione che si iniziò per la prima volta a discutere sulla possibilità di indossare una protezione alla testa nelle gare velocistiche.


I primi prototipi di caschi utilizzati dai piloti di auto e moto e poi commercializzati furono dei copricapo di semplice fattura costituiti di cuoio morbido (molto simili a quelli indossati dai pionieri dell'aviazione). Successivamente dal 1910 e negli anni successivi il casco divenne piu resistente costituito da cuoio rigido con sagoma "a scodella" e delle creste (bordature in cuoio) con la caratteristica di attutire in miglior modo gli urti.
A partire dal 1925 possiamo osservare una grande evoluzione tecnica nello sviluppo dei caschi, in particolare luogo nell'uso motociclistico. Dall'utilizzo di imbottiture di polpa di legno o sughero fino ad arrivare a prototipi di caschi pneumatici da gonfiare con una normale pompa da bicicletta.
Durante gli anni trenta e quaranta, comparvero velocemente per poi altrettanto velocemente sparire dalla circolazione caschi con calotta in lega leggera ottenuta per stampaggio, particolarmente economici. Si passò poi alla fibra vulcanizzata ed al poliestere. Per vedere i primi caschi in fibra di vetro dovremo aspettare il 1954.
Nacque cosi durante gli anni '50 la consuetudine di colorare i caschi in modo vistoso allo scopo di offrire al pubblico la possibilità di identificare più facilmente il concorrente nelle gare motociclistiche. Celeberrima la calotta gialla con l'effige di Topolino del campione Umberto Masetti o la versione tricolore di Giacomo Agostini.
Nel 1950 vennero adottati dall'aviazione militare statunitense degli appositi caschi per i piloti degli aerei da caccia a reazione con protezioni posteriore e laterali allungate, allo scopo di fornire un solido fissaggio per il respiratore. La nuova forma risultava anche maggiormente protettiva e l'idea venne mutuata in campo motociclistico e automobilistico, nel 1955, con la produzione dei primi caschi appunto denominati Jet. L'impiego del casco tipo Jet ebbe, nel primo decennio, scarsa diffusione tra i piloti, particolarmente tra i motociclisti, i quali opposero una decisa resistenza all'utilizzo, in quanto il nuovo casco risultava più pesante e la foggia limitava notevolmente i movimenti della testa.
A metà degli anni sessanta quasi tutti i piloti di Formula 1 avevano ormai adottato il casco tipo Jet, mentre nel Motomondiale la maggioranza dei piloti ancora usava il Cromwell. Tra i più ostinati il campionissimo Agostini che mai utilizzò un Jet in gara, abbandonando il Cromwell solo nel 1971.